Museo archeologico comunale “Villa Leni”
Il civico museo archeologico di Villacidro si trova in piazza Zampillo e i reperti sono esposti e catalogati all’interno dell’ex monte granatico.
A proposito di quest’ultimo c’è da dire che è stato istituito nel 1761 ma solo alcuni decenni dopo fu trasferito in questa struttura.
I monti granatici iniziarono l’attività per opera del vescovo di Ales Miguel Beltran (1638-1643) con lo scopo di accumulare il grano acquistato dopo la mietitura e poi darlo a modico prezzo ai contadini poveri che, avendo consumato la provvista, specie negli anni di scarso raccolto, non potevano più procurarsi quello necessario per la semina.
Tale istituzione benefica fu resa obbligatoria in ogni parrocchia della diocesi e dopo il sinodo tenuto ad Ales dal vescovo Francesco Masones y Nin (1° maggio 1696) fu pubblicato un minuzioso regolamento per la sua gestione.
Il vescovo Diego Cugia (1684-1691) ebbe la soddisfazione di vedere estesa a tutte le parrocchie della diocesi tale pia istituzione, che era amministrata dalla chiesa con un’aggiunta di fondi da parte della medesima.
Nel XVIII secolo, con lo stimolo dell’amministrazione piemontese, sorsero in tutta la Sardegna. Il locale attuale è stato restaurato nel 1997.
Nel 1927 sono trasformati in casse comunali di credito agrario: la funzione di gestione di risorse finanziarie è evidenziata dalla forma delle finestre a bocca di lupo.
Venendo ora a esaminare il museo occorre premettere che i reperti sono stati suddivisi per località ed è stato costituito con donazioni spontanee di cittadini e non provengono da campagne di scavi.
Nel piano terra sono presenti alcuni reperti in pietra di grandi dimensioni quali macine, pestelli e parte di altri recipienti.
Al piano alto ci sono sei teche disposte tre per ogni lato della grande sala e un cassone con due grandi anfore vinarie. Cominciamo il giro partendo dalla teca posta sulla sinistra dell’entrata.
Prima teca
Sono esposti materiali che provengono dalla località COTTEGA: il sito era frequentato dal periodo nuragico al romano ed era costituito da un villaggio ubicato nei pressi del rio Leni.
Nel piano inferiore possiamo vedere diverse mazze di cui alcune ancora in fase di lavorazione.
Nel piano centrale sono invece presenti un piccone litico, un altro in fase di lavorazione, un pestello e un macinello nuragico.
Nel piano superiore sono esposti un alto vaso a collo con anse e uno scalpello bronzeo del periodo nuragico; una lucerna biliene e un pezzo di Tannur (forno per cuocere il pane di fattezza araba in uso presso le popolazioni fenice) di fattura punica; un piattello su stelo e una lucerna a tazzina del periodo romano.
Nell’esaminare le ceramiche occorre evidenziare che quelle prodotte dai nuragici sono molto grossolane e con diverse impurità, mentre quelle del periodo romano, che si presume siano oggetti votivi (almeno la maggior parte), si nota la finezza nella lavorazione.
Seconda teca
Oggetti provenienti dalla località RUINAS e tutti del periodo romano.
Al piano superiore alcune brocche campidanesi.
Nella parte centrale oggetti in ceramica: una coppetta, un bicchiere, due bottiglie, una coppa a pareti sottili e due scodelle.
Nel piano inferiore una coppa in sigillata africana, un tegame, una scodella, una coppa e una a pareti sottili entrambi locali, una monete di Antonino Pio datate II sec dopo Cristo, una lucerna a disco, una brocchetta e una bottiglietta in ceramica.
Terza teca
Siamo sempre a RUINAS: il materiale è tutto romano.
Piano alto: quattro bottiglie in ceramica comune.
Piano centrale: un bicchiere vitreo, due bottigliette, un’anfora e una pentola in ceramica.
Piano basso: due lucerne, una casseruola, un piatto/scodella + altre coppe e scodelle in ceramica.
Quarta teca: reperti provenienti dalla località di VILLASCEMA.
Nel ripiano superiore una brocca, una pentola, una brocchettina e una brocca campidanese.
Nel ripiano centrale una lucerna, una bottiglietta, un’armilla bronzea e cinque scodelle in ceramica comune. Tutti suppellettili di epoca romana a dimostrazione del riutilizzo del sito in tale epoca. Nel medioevo era qui presente il culto di santa Maria di Figalba di cui rimane il rudere della chiesetta.
Nel piano inferiore una serie di punte di freccia peduncolate provenienti dalla località sa SPÉNDULA. Un pugnale bronzeo ritrovato a CÙCURU MUNTONI. Mentre da SAN PIETRO viene lo spillone, la testina con anello, il bottone con modellino di nuraghe e l’applique, tutti bronzei; dal medesimo posto provengono anche il contenitore in piombo con moneta all’interno e la statuetta egittizzante.
Il bottone (simbolo del museo) rappresenta un nuraghe miniaturizzato, legato all’ambito rituale e cerimoniale: i bottoni dorati che ora fanno parte del costume tradizionale sardo rivestono lo stesso significato.
La lastra fittile lavorata con motivi a palmetta proviene da SEDDUS. La brocca campidanese da LENI e le due fibbie bronzee da NURAXI: queste ultime sono del periodo medioevale e venivano utilizzate per vesti e cinture.
Quinta teca: nel primo ripiano alcuni reperti provenienti da SABODHUS (Serramanna) composti da pezzi di ceramiche quali skyphoi attici a vernice nera del V sec. Alcuni pezzi nuragici di olla ad orlo ingrossato, di vaso a colletto e di scodellone, alcuni pezzi di età romana come un fondo di piatto, uno di scodella in vernice nera e il collo di un’anfora italica vinaria, due pezzetti di ceramica in sigillata, tessere litiche di mosaico, collo di anfora africana, due pezzi di ceramica decorata a pettine e un piatto.
Nel secondo ripiano reperti provenienti da San Gavino: una presa a lingua e un’ansa a maniglia, due fusaiole fittili, un lingotto in piombo e un collo di anfora romana.
Nel ripiano superiore reperti di Mogoro loc PUISTERIS: pezzi di ceramica della cultura di Ozieri, una fusaiola e un anforetta; mentre da San Nicolò Arcidano proviene un fondo di bottiglia in ceramica romana, una lucerna a tazzina, due pezzi di collo d’anfora e un anello bronzeo con castone inciso paleocristiano.
Le ceramiche costituivano i decori della capanna (come per noi i quadri). E da Matzanni?.
Sesta teca: materiali provenienti da Villasor (SU SONADORI e S’ACUA COTTA), Vallermosa e Villacidro.
Nel ripiano superiore ci sono i reperti provenienti da su Sonadori – Villasor quali un’olletta miniaturizzata e un’olla a orlo ingrossato tutti d’età nuragica e le planimetrie del nuraghe.
Nel ripiano centrale una lanterna a tazzina nuragica, un ago bronzeo romano, un unguentario vitreo tubolare romano, una fibula bronzea romana e una fibbia bronzea con placca bizantina, un pendaglio fallico romano, due pesi da pozzo in terra cotta e pesi in piombo per oreficeria.
Nel ripiano inferiore reperti di S’ÀCUA COTTA (Villasor): un pezzo di stiletto bronzeo nuragico, una punta di pugnale bronzeo nuragico, due spilloni nuragici bronzei, alcuni lingotti in rame e spade votive di età nuragica.
Si tratta di aree di passaggio e zone di metallurgia con una serie di materiali metallici e lingotti, alcune spade di bronzo frantumate e frammenti di lingotto.
Nel cassone con la sabbia due anfore vinarie romane integre ritrovate nella loc. SAN PIETRO a Villacidro.
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